I racconti di Felineo: Benvenuti a Felineo!

Benvenuti a Felineo

Così recitava un grosso cartello all’ingresso del paese. Fin qui nulla di strano, ma avvicinandosi a esso, i visitatori potevano leggere un altro messaggio. Era scritto a caratteri più piccoli:

AVVERTENZE! NON OLTREPASSATE QUESTO CARTELLO SE NON AMATE I GATTI, SIETE ALLERGICI AL PELO DI GATTO O SE INDOSSATE INDUMENTI NERI.

Disegno di Alexia Bianchi tratto da L’Esercito dei Bruttini sull’Isola dei Giganti di Anna Celenta edito da PAV Edizioni

Dunque, prima di invitarvi a entrare, dovete accettare queste condizioni. In caso contrario, non possiamo assumerci alcuna responsabilità su quanto potrebbe accadere ai vostri abiti di colore nero, tanto meno se inizierete a starnutire. Beh! Se poi non amate i gatti e gli animali in genere, cambiate direzione: Felineo non fa per voi! Se invece avete tutti i requisiti in regola, allora vi condurremo in un mondo fantastico, divertente, ricco di avventure e colmo di sentimenti.

Quando l’Ugly-mobile si fermò davanti a quel cartello non vi furono esitazioni. La buffa vettura, infatti, era guidata da altrettanto bizzarri personaggi. Due esseri umani di sesso femminile, delle vere e proprie gattare di prim’ordine. Di quelle che, se potessero, raccoglierebbero ogni essere miagolante sulla faccia della terra. Anche impostori che si fingono gatti pur di ricevere cibo e coccole. Un essere peloso, molto peloso, molto goffo e molto molto grosso sedeva dietro di loro. Ah! Dimenticavo, anche piuttosto goloso e un po’ puzzolente, ma questa è tutta un’altra storia. Un piccolo coniglio dal soffice manto bianco con un solo occhio e una benda da pirata non poteva essere allergico al pelo o avrebbe starnutito in continuazione. Non ci è dato di sapere se un granchio minuscolo con una sola tenaglia gigante e un cappello da chef fosse amante dei gatti o intollerante al loro pelo. Di sicuro non indossava indumenti neri. C’era anche un cane, ma non diciamolo ad alta voce. Anche se Roundweiler era talmente pacifico che non faceva paura nemmeno a una formica. Infine due gatti! Su loro nulla da dire. Beh! Insomma, su quei due ci sarebbe parecchio da raccontare, ma questo ci porterebbe su un’altra strada e non riusciremmo a oltrepassare il cartello di benvenuto prima di una settimana. Quindi, bando alle ciance e andiamo!

Stop! Aspettate ancora un attimo. C’è un altro ostacolo. Una sbarra. Sembra un gigantesco tiragraffi e lì accanto, nella tipica posizione di stretching felino, c’è un gatto grigio-blu e bianco. Si sta facendo la manicure. Dalla cura con cui si affila le unghie è quasi certamente una femmina. È talmente indaffarata che non si accorge dell’Ugly-mobile ferma proprio davanti alla sbarra abbassata.

Quando ci fa caso, però, Penny si mette sulla difensiva. Fissa la strana macchina a pedali e i suoi passeggeri. Il suo pelo è ritto, la coda gonfia, ma prima che si metta a soffiare, la Kuro, uno dei due gatti non descritti poc’anzi, scende dalla vettura e, con lo sguardo basso e gli occhi semichiusi, le si avvicina. Desidera farle capire che vengono in pace. Penny abbassa la guardia, ma si assicura che non vi sia un reale pericolo:

«Fermi lì, chi siete? Cosa ci fate qui? Avete delle crocchette?».

La Kuro, conoscendo il soggetto, le si avvicina ancora un poco. Struscia il suo naso contro quello della gattina alla sbarra e inizia a leccarle la testa.

Penny, la micina di guardia a Felineo, si presenta e ricambia il gesto con una profusione di fusa da allertare l’intero villaggio. Dopo qualche minuto la sbarra è presa d’assalto da una vera e propria colonia. Un centinaio di gatti – forse anche qualche centinaio in più – di tutte le dimensioni, colori e lunghezze di pelo. Come prima cosa si danno una limatina alle unghie. Poi salgono sull’Ugly-mobile, pretendendo coccole da tutti i viaggiatori. Insomma, un vero e proprio concerto sinfonico di fusa che non può che attirare all’ingresso gli altri abitanti di Felineo non avvezzi a simili costumi. Un uomo e una donna. Forse i più assennati di tutti o almeno gli unici a non lasciarsi conquistare da due coccole o dalla promessa di una manciata di croccantini.

«Ma cosa state facendo? Scendete subito dalle gambe, dalla testa, dalle spalle, dalla schiena di questi gentili viaggiatori». La donna viene completamente ignorata.  L’uomo tira fuori dalla tasca uno strano oggetto. Sembra una piccola torcia, ma emana solo una lucina rossa, che dapprima immobilizza i gatti e poi li attira a sé, senza però mai essere catturata. Quel centinaio o poco più di gatti rincorre inutilmente la piccola luce rossa e i viaggiatori possono scendere dall’Ugly-mobile e presentarsi agli abitanti del villaggio.

«Mi chiamo Kristal e sono il capogruppo di questo strampalato Esercito. Siamo l’Esercito dei Bruttini».

La donna risponde, mentre l’uomo tiene impegnati i gatti con l’inafferrabile puntino rosso.

«Io sono Tata e lui è Pablo. Siamo gli unici abitanti umani di Felineo. Tutti gli altri, come avrete intuito, sono gatti. Noi ci occupiamo di loro e in cambio riceviamo tanto amore e la loro fedeltà. Siamo stati avvisati del vostro arrivo!».

«Chi vi ha avvisato?» chiede incuriosita Lallara, la gattara numero due.

«Un nostro carissimo amico che non vediamo da parecchio tempo, ma con il quale siamo rimasti in contatto. Il suo nome è Generoso Tappabuchi».

«Ma è il nostro amato professore!» conferma Kristal, la gattara numero uno. «Come lo avete conosciuto?».

«È una lunga storia, ma se entrate sarò felice di raccontarvela».

L’Esercito dei Bruttini viene così invitato a passare la notte a Felineo. Oltrepassata la sbarra, gli abitanti del paese di gatti e i loro ospiti si dirigono verso la modesta casa di Tata e Pablo. Piccola, semplice, accogliente e soprattutto arredata a prova di gatto.

L’Ugly-mobile viene parcheggiata in un vecchio fienile. I Bruttini visitano il villaggio e fanno la conoscenza di tutti i gatti che vi abitano. Ognuno ha una storia più o meno triste, ma a un certo punto della loro vita tutti loro hanno incrociato Tata e Pablo o qualcuno che li ha portati a Felineo e il loro destino è cambiato. L’incontro con Generoso Tappabuchi è legato proprio a una di quelle vicende dal finale lieto.

Nel racconto di Tata, Kristal riconosce un nesso con il ritrovamento della Kuro. La gattina non poteva ricordare perché era appena nata, ma Kristal aveva ancora chiaro nella memoria ogni istante di quel fortunato incontro. Capisce, dunque, che in mezzo ai sornioni abitanti di Felineo ci sono anche i fratellini della sua adorata gattina. Era stato Tappabuchi a portarli lì dopo averli trovati, infreddoliti e morenti, accanto al corpo senza vita della loro mamma. Li aveva raccolti poco distante da un vecchio fienile abbandonato. Evidentemente la gatta li aveva messi al riparo prima di spirare. Generoso li aveva condotti a Felineo, perché sapeva che lì avrebbero avuto una speranza di sopravvivenza. Aveva sentito parlare del paese e dei due umani che si prendevano cura dei gatti più sfortunati. I cuccioli erano malconci, ma grazie alle cure ricevute, all’amore e alle coccole dei felini più grandi, sopravvissero. Ora erano adulti e sani.

«Kuro vieni, ho una sorpresa per te!» Kristal non sta più nella pelle.

Tata le conduce nella cuccia dei gemelli Baruffino e Timotino. Il primo è un grigio tigrato molto paffuto. L’altro, più piccolo, ha il pelo semi-lungo e rossiccio. Quando li vede, la Kuro capisce: non ha ricordi nitidi della sua nascita, ma rammenta le settimane vissute insieme a loro nel grembo materno. In quel momento percepisce lo stesso calore e la piacevole sensazione di sicurezza provati durante la gestazione. Trattenere le lacrime non è facile, ma la Kuro deve mantenere il proprio scudo di gattina forte e indipendente. Alla fine, però, i sentimenti hanno il sopravvento: nessuno dei presenti l’avrebbe mai giudicata per quello e per nessun altro gesto o scelta. Si avvicina a Baruffino e Timotino. Non servono parole. I tre gatti si strofinano il naso e si leccano a lungo, quasi a voler recuperare il tempo perduto. Da quell’istante, la Kuro decide di trascorrere il poco tempo a disposizione a Felineo con Baruffino e Timotino, raccontando loro di come è stata salvata da Kristal.

Una storia triste, ma che ogni tanto si faceva ricordare dalla sua amata umana, per non dimenticare la sua grande fortuna e di come il mondo sia pieno di insidie e di persone cattive, ma anche di momenti allegri ed esseri umani con infinita ricchezza d’animo, proprio come Kristal, Lallara, il professore Generoso Tappabuchi, Tata e Pablo.

Nell’oscurità della notte il silenzio era interrotto da un flebile e quasi impercettibile miagolio. Sembrava un pianto. Pian piano tutto divenne più chiaro: una gatta giaceva immobile. Sembrava morta. Forse lo era. No, non ancora. Respirava, ma debolmente. Accanto a lei, i cuccioli che aveva appena dato alla luce. Era stato un parto difficile. La gatta infatti era malata, ma prima di esalare l’ultimo respiro desiderava lasciare il proprio ricordo partorendo i suoi piccoli. Lo sforzo, però, le stava costando la vita. Si stava per spegnere. Dei passi. Passi pesanti si avvicinarono al rifugio. Un contadino. Probabilmente aveva udito il miagolio provenire dal casale nel quale conservava il fieno. Lì, al caldo, la gattina aveva trovato un luogo che riteneva sicuro dove partorire e morire.

«Maledetta bestiaccia! Vattene subito di qui, altrimenti ti butto in padella insieme ai tuoi cuccioli» urlò con voce baritonale il contadino.

La gatta si alzò e, barcollando, portò i piccoli da un’altra parte prima che quell’uomo potesse far loro del male come diceva. Erano tre. Li prese tutti insieme per la collottola e si trascinò fuori dal casale. Purtroppo uno le cadde. L’uomo si stava avvicinando e la gatta era troppo debole per tornare a riprenderlo. Doveva salvarne almeno due. Ci riuscì. Mentre la sua anima stava già volando in cielo, il cucciolo caduto era nelle mani del contadino. Un piccolo batuffolo nero. I suoi occhi erano ancora chiusi. Aveva la coda storta. Tremava, forse per il freddo. Di sicuro per la paura. Un esserino indifeso nelle manone di un uomo senza scrupoli, le cui intenzioni non erano per niente buone. All’improvviso un forte bagliore accecò il contadino e un frastuono gli ruppe quasi i timpani. L’uomo lasciò cadere il gattino per coprirsi le orecchie e corse via come impazzito. Il cucciolo, ancora tremante, non era in grado di camminare, ma si trascinò pian piano fino a un grande albero. Intorno silenzio. E buio, tanto buio. Non solo quello dei suoi occhietti ancora ciechi, ma l’oscurità della solitudine e della consapevolezza che qualcosa di terribile fosse appena accaduto. Era solo, anzi sola, visto che si trattava di una femmina. La sua mamma non c’era più. I suoi fratelli nemmeno. Aveva freddo e anche molta fame. Fece l’unica cosa che aveva imparato in quelle poche ore di vita: miagolò. Una vocina stridula e debole, come quella di un gattino appena nato e prossimo alla morte per la fame e per il freddo.

«Miiiiiii, miiiiiii, miiiiiiiiiiii».

La disperazione di quel vagito arrivò all’orecchio di una giovane ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti da due trecce che stava passando vicino all’albero in quel momento. Era buio pesto. Quasi impossibile per Kristal riconoscere la provenienza di quel disperato vagito. Si fermò per un istante. Attorno a lei, oltre al buio, tanta desolazione. Chiuse gli occhi e si concentrò per captare meglio il delicato pianto terrorizzato. A occhi chiusi si lasciò trasportare dalla sua anima. Il miagolio era sempre più vicino. Lo percepì nitido. Si fermò. Riapri gli occhi. Si trovò ai piedi di un gigantesco salice piangente. E ai suoi, strideva un minuscolo esserino nero impaurito, infreddolito, affamato e morente. Lo raccolse. Lo copri con la sua sciarpa di lana. E lo nascose nella giacca, vicino al cuore. Tu-tu. Tu-tu. Tu-tu. Al ritmo del battito di Kristal, anche il cuore della gattina riprese pian piano regolarità e vita. La ragazza si affrettò verso casa. Qui le diede un po’ di latte aiutandosi con una siringa. In pochi secondi il latte terminò e la gattina si addormentò cullata dalle braccia e dall’amore di Kristal, che guardandola finalmente serena le sussurrò: «Ti chiamerò Kuro, come il colore del tuo soffice pelo».

Al termine del racconto gli occhi di Timotino e Baruffino sono tristi. La Kuro, però, cerca di rallegrare l’atmosfera, facendo loro capire che è stata fortunata, proprio come loro due. Ora vivono con esseri umani e altri simili dal cuore grande e generoso.

«Le disgrazie possono essere un grande insegnamento di vita e ci permettono di dare maggiore valore alle piccole cose!» ricorda Tata, rimasta ad ascoltare in silenzio sulla soglia della cuccia fino a quel momento. I suoi occhi sono lucidi, anche il suo animo nasconde una storia tragica che, però, l’ha trasformata nella donna che è oggi: molto sensibile, altruista e generosa. Una donna in grado di amare tanto gli altri, forse anche più di se stessa, per questo aveva fondato Felineo insieme a Pablo.

«Se ci raggiungete nel salone centrale vi toglieremo di dosso tutta questa tristezza con una bella festa che abbiamo organizzato per i nostri ospiti. C’è già qualcuno che è molto affamato…», aggiunge poi Tata con un sorriso.

«Scommetto che è quel ciccione di Pancio!» la Kuro non ha dubbi.

In effetti, quando arrivano nel salone, che si trova nella piazza centrale di Felineo, sono tutti in trepida attesa di tuffarsi nel banchetto che Tata e Pablo hanno preparato per i viaggiatori e tutti i gatti del paese. Pancio è il più trepidante di tutti.

«Cosa stavi facendo Kuro? Lo sai che se non mangio ogni mezzora svengo? La mia dieta prevede almeno dieci pasti principali e una dozzina di spuntini, altrimenti poi ho un calo glicemico!» quando Pancio aveva fame era serio e la Kuro lo sapeva bene. Ma quando Pancio non era affamato?

«Basta che non mi svieni addosso come durante l’addestramento, altrimenti poi sono io quella da soccorrere, puzzone dei miei stivali!».

«Ora basta!» Kristal interrompe uno dei loro soliti battibecchi. «Se continuate ancora un po’ si raffredda tutto! Pancio, abbi pazienza, prima ci serviamo noi e poi farai altrettanto, altrimenti rischiamo di andare a letto senza cena».

Pancio annuisce con il broncio e un brontolio di pancia che avrebbe svegliato anche un sordo.

Il banchetto di Tata prevedeva tante leccornie di tutti i tipi, dall’antipasto al dolce. Per i sornioni abitanti di Felineo aveva cucinato una speciale carne tagliata a dadini con verdure. Centinaia di ciotole piene, ognuna con il nome del suo gatto, aspettano solo di essere svuotate.

La festa dura a lungo. Gli abitanti di Felineo sono accoglienti e non disdegnano le coccole dei loro nuovi ospiti. Come tutti i felini preferiscono la vita notturna. Peccato, però, che l’Esercito dei Bruttini abbia un viaggio da continuare e un’avventura ancora più faticosa e pericolosa da intraprendere e la festa non può protrarsi per l’intera notte.

La mattina successiva, uno splendido sole accoglie il risveglio degli abitanti di Felineo e dei loro nuovi amici. Fa ancora freddo, ma il cielo è limpido. I Bruttini sbadiglianti sono pronti a riavviare l’Ugly-mobile e raggiungere la loro destinazione prima di sera. Dopo una sostanziosa colazione, degna del banchetto della sera precedente, giunge anche il momento dei saluti. La Kuro è desiderosa di fermarsi a Felineo con i fratelli e promette di farvi ritorno appena conclusa la missione. Anche Kratos, l’altro gatto schivo e silenzioso dell’Esercito, ha già avanzato richiesta scritta di un rifugio in paese.

«Sarete sempre i benvenuti!» confermano all’unisono Tata e Pablo.

«Qui diamo alloggio a tutti i gatti che lo desiderano e invitiamo i curiosi di tutte le specie a farci visita per scoprire cosa può offrire il nostro piccolo paese. Tutti sono Benvenuti a Felineo».

di Anna Celenta ©riproduzione riservata. È assolutamente vietato ricopiare o ripubblicare in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’autore.

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